.
La luce ultravioletta possiede diverse caratteristiche che la rendono interessante in diversi campi per le modificazioni che è in grado di creare a carico di alcune sostanze, a lei particolarmente sensibili e recettive.
Pur essendo ai limiti della visibilità per il nostro occhio, è spesso utilizzata nella mineralogia, dove è indispensabile per distinguere rapidamente alcuni minerali da altri, sfruttando il principio della fluorescenza indotta.
Molto utilizzata anche nel campo delle ricerche sui crimini, in quanto già da sola o in unione con particolari foto stimolatori, è in grado di evidenziare tracce sia pur minime di sangue o di altre sostanze utili per le indagini.
Nella paleontologia diventa un mezzo per individuare rotture o aggiunte ai fossili, confermando o meno la loro autenticità e la loro integrità. Ma è inutile continuare, le utilizzazioni sono tantissime, piuttosto vediamo come possiamo utilizzarla nel migliore dei modi.
Cominciamo allora con la sua produzione, in che modo possiamo ottenerla e come la dobbiamo gestire.
Non esiste una sola luce UV, in realtà parliamo di una larga fetta di spettro luminoso, in cui le caratteristiche divengono più o meno accentuate, in funzione della loro lunghezza d’onda. Le UV più utilizzate ed ormai standardizzate sono quelle a 365 nm (nanometri) che sono le più comuni e quelle a 264 nm, dalle caratteristiche ancora più interessanti.
Vediamo le principali sorgenti che io utilizzo nelle mie prove:
- La n. 1 è una delle più semplici da trovare, costa abbastanza poco ed è piuttosto potente: è una lampada ad UV 365 nm, utilizzata in elettronica per modificare lo stato di alcuni componenti elettronici. - La n. 2 è la classica lampada per mineralogia, in grado di emettere potenti radiazioni UV a 365 nm oppure a 264 nm, per facilitare il riconoscimento della maggior parte dei minerali sensibili. - La n. 3 è una simpaticissima ricarica mono pila per cellulari, a cui è stato aggiunto un led UV, ottenendo così un piccolo spot utile per evidenziare singoli punti del soggetto. - La n. 4 è una torcia a led della UltraFire tipo wf-501b: di questo modello esiste la versione normale per luce bianca, ma è disponibile anche per varie lunghezze d’onda di UV e, se volete, anche per emissioni nel campo degli infrarossi. Dato il costo contenuto, si prestano a soddisfare moltissime esigenze di illuminazione. La n. 5 è solo un supporto registrabile per treppiede da tavolo, in modo da mantenere la posizione delle torce nel punto più adatto. Lo utilizzo con le torce UltraFire o per posizionare singoli led di potenza.
Vediamo ora un tipico set di lavoro in luce ultra violetta:
In questo caso il soggetto è un fossile trilobite, in esame per vedere quali punti sono stati ricostruiti o per individuare eventuali punti di rottura. Come si vede ho utilizzato la lampada da mineralogia a 365 nm per fare una illuminazione di fondo, più la torcia come luce spot per evidenziare la parte da fotografare.
Alcune note per evitare errori nell’uso degli UV in fotografia: - eliminare le altre fonti di luce per non compromettere l’efficacia dei nostri illuminatori
- utilizzare la messa a fuoco manuale facendo delle prove, infatti la fotocamera metterebbe a fuoco con luce diversa ed in punto diverso. Anche se usate il fuoco manuale, fate delle prove di fuoco, perché anche il vostro occhio verrà ingannato dagli UV.
- In ogni caso, quello che vedete sarà spesso diverso da ciò che la fotocamera riuscirà ad immortalare: certe fluorescenze che il nostro occhio percepisce, la fotocamera non le vede, la gamma di contrasto tonale del nostro occhio è notevolmente più ampia di quella della fotocamera che, se siete particolarmente sfortunati, potrebbe anche avere al suo interno qualche lente trattata anti UV, rovinandovi tutto il vostro lavoro.
- Per questi e per altri motivi, non meravigliatevi se l’immagine stampata non saprà ricreare gli stessi effetti ottici che i vostri occhi hanno visto.
Abbandoniamo ora le cose noiose ed andiamo a fare una breve escursione nel campo della fotografia in luce ultra violetta. Il soggetto della foto precedente era un fossile trilobite di cui si voleva conoscere lo stato di salute:
Come già accennato, la visione dell’occhio è molto più evidente: il bianco delle giunzioni è in realtà un bianco luminosissimo e non certo il bianco bluastro della foto, ma tant’è, dobbiamo accontentarci. Ad ogni modo è ben documentata la ricostruzione di parte della costolatura su di un fianco e la frattura della parte inferiore della matrice.
Vediamo ora una roccia sedimentaria con diverse ammoniti:
Ancora, nella visione diretta la superficie delle ammoniti appare bianco cangiante ed è molto luminoso, nella foto il colore si smorza e la fluorescenza scompare del tutto.
La proprietà di mettere in evidenza le fratture e le imperfezioni trova il suo massimo campo di applicazione nel controllo dell’ambra fossile:
Alla luce ultra violetta ogni minima incrinatura diventa evidentissima, le microscopiche bolle d’aria rendono lattiginosa la superficie della pietra, le zone di ossidazione appaiono di colore completamente diverso e non opalescenti.
Terminiamo questo succinto excursus facendo una capatina nel mondo dei minerali, così avremo anche modo di vedere direttamente il risultato ottenibile con le diverse lunghezze d’onda della luce UV.
Questo bellissimo minerale è la umile e grigia Calcite, che si ammanta di una bellissima luminescenza rosa, quando è colpita dagli UV a 365 nm.
E questa è la stessa Calcite che, illuminata da UV, ma questa volta a 254 nm, mostra un netto colore rosso vivo e, sotto questa luce, diventano visibili anche alcune impurità che altrimenti non vedremmo: quei piccoli cristalli di Willemite che assumono una vivace colorazione verde.
Una ultima raccomandazione per coloro che usano la luce UV per evidenziare la presenza di difetti negli oggetti o comunque la presenza di materiali estranei, dato che questi saranno ben visibili alla visione diretta, ma ben difficilmente saranno ancora evidenti nelle foto, che pure dovranno provare il fatto. In questi casi, l’unica soluzione è intervenire in post produzione sulla fotografia ed in particolare sul bilanciamento dei colori.
Il vostro intervento deve mirare a rendere il più evidenti possibili gli artefatti che volete contestare. In questo caso, rispetto alla foto originale, si è avuto un notevole miglioramento della definizione diminuendo la Tonalità e la Luminosità ed aumentando invece la Saturazione dei colori.
la tua tecnica l'ho utilizzata qualche anno fa per cercare di rendere in 3D un fossile (probabile) proveniente da un sito della Namibia. Feci una foto dell'oggetto prima a destra, poi una a sinistra con uno spostamento di pochi centimetri, poi fusi le due immagini con Photoshop (ma qualsiasi altro programma di grafica va bene) per creare l'immagine che vedi di seguito:
Basta un paio di occhialini per anaglifi rosso/blu (tecnica che oramai sta diventando anche questa desueta) per osservare in 3D il campione. L'immagine centrale mostra il fossile come si predenta in realtà (concavo), mentre invertendo i canali si ha l'effetto opposto, cioè la concavità diventa un rilievo, mettendo in mostra altre caratteristiche. Dovrebbe essere possibile poter convertire la strereocoppia in una immagine in toni di grigio, dove ad ogni valore di grigio corrisponde un valore di "altitudine", e quindi di calcolare un modello 3D che si puo' ruotare per avere una visione 3D interattiva. Devo cercare a tal proposito nei miei archivi la tecnica più interessante da utilizzare a riguardo.