Riprendo brevemente già quanto abbondantemente detto da Enotria sull'utilizzo della luce ultravioletta nell'analisi dei fossili. Se ne è parlato qui: http://www.trilobiti.com/forum/microscopia-e-ottica/la-fotografia-in-luce-ultra-violetta
Su suo suggerimento ho acquistato una lampada Ultrafire su ebay, prezzo contenuto e portabilità ottimale. La lunghezza d'onda con cui lavora questa lampada è 395nm, quindi si lavora nel vicino Ultravioletto o Ultravioletto tipo A (UVA), come visibile nella tavola riassuntiva che segue (da Wikipedia):
La lampada è alimentata da una batteria a 3.7V ed ha una durata sufficiente lunga per non cadere a corto di alimentazione. Qui il modello in questione:
Il test che ho voluto fare è quello classico, e se ne è già parlato in tutti i forum del mondo, quindi non aggiungo nulla di nuovo, salvo di parlarne brevemente qui.
Tutti sanno che i trilobiti (tanto per citarne a caso) sono soggetto di vendita assai importante a livello mondiale, e questo significa di conseguenza un importante giro d'affari; ovviamente i "furbetti del quartiere" esistono anche in questo settore, con parecchi trilobiti falsificati, montature stile "frankenstein" e ricostruzioni di tutti i generi. La luce ultravioletta ci può venire in aiuto in molti casi, come per riconoscere eventuali ricostruzioni (o nel migliore dei casi restauri), e questo grazie al fatto che le resine utilizzate spesso reagiscono in maniera completamente differente alla luce ultravioletta rispetto all'esoscheletro calcareo del trilobite.
Quindi ho fatto un test: ho preso tre trilobiti, di cui due marocchini ed uno russo (San Pietroburgo). Certamente non a caso dato che sia i marocchini che i russi sono altamente specializzati a ricostruire, talvolta il maniera eccelsa, le parti mancanti del fossile per ridare una nuova "vita" al fossile e di conseguenza "ricostruire" anche il prezzo dell'esemplare.
Eccoli qua quindi:
Ho fatto tre foto differenti con la lampada UV, puntata su ogni trilobite; il risultato è stato poi ricomposto utilizzando Adobe Photoshop in una singola immagine.
Il risultato mi ha permesso di mettere in evidenza che due trilobiti su tre presentano delle ricostruzioni parziali, non particolarmente gravi (c'è MOLTO di peggio), ma questo mi permette già di vedere dove sono i problemi e sopratutto di rendermi conte che senza questo tipo di tecnica non avrei praticamente mai visto le zone restaurate.
Ingrandiamo dunque la zone del trilobite russo, un Asaphus raniceps DALMAN (1827), Wolhov river, dell'Ordoviciano inferiore di San Pietroburgo, Russia.
Uno zoom sulla parte restaurata ed osservata in luce naturale non mette in evidenza particolari "strani":
ma utilizzando la luce in UV le cose sono differenti...
La macchia bianca che si stacca nettamente dal resto dell'esoscheletro è la parte ricostruita ed è costituita dalla resina utilizzata per ricostruire la parte mancante. Nulla di grave comunque in quanto si tratta di una minima parte e che non aggiunge nulla di nuovo alla morfologia originaria dell'individuo.
Ripeto la stessa operazione sul Paralejurus hamlagdadicus ALBERTI (1983) del Pragiano, Devoniano inferiore, Marocco.
Anche in questo caso le fratture ed i pezzi che durante la preparazione sono saltati vie e re-incollati risultano messi in evidenza in maniera molto "didattica". Alcune macchie chiare sul pigidio riempiono alcuni "vuoti" lasciati da pezzi di esoscheletro che sono andati persi.
In conclusione, prima di acquistare un trilobite, potrebbe essere interessante potergli dare un'occhiata anche tramite l'utilizzo di questa lampada (cosa che in genere fa storcere il naso ai rivenditori, sopratutto quelli disonesti), o chiedere di fornire immagini acquisite con l'utilizzo di questa luce nel caso di acquisti on-line, al fine di assicurarsi che non si è in presenza di esemplari ricostruiti, sopratutto se si deve pagare una cifra cospicua.
Anche senza microscopio se hai una reflex basta un buon macro ed al massimo una slitta a soffietto micrometrica (cineasta da pochi euro) e tempo di esposizione un pochino più lunghi se fai foto a bassa luminosità come queste.
Se proprio vuoi fare il figo ci metti un bel flash anulare per fare foto normali e ti assicuro che vengo foto super dettagliate. Lunedì farò un po' di prove e poi le posto.
aspettiamo che cosa ci risponde il buon Guido...forse lui ha anche qualche diavoleria da microscopio nel cappello... ;)
Biecamente per questo esperimento ho lasciato la fotocamera fissa su treppiede, in automatico (sceglie lei i tempi di posa) e sopratutto in flessibile per evitare vibrazioni del sistema.
Sicuramente si può giocare con gli ISO ed i tempi, ma mi sono limitato a questa tecnica che farà rabbrividire i più "puristi" del settore.
Enrico che impostazioni della camera usi per fare queste foto?
Una cosa interessante è che l'UV reagisce molto bene con le resine ma i colori acrilici le assorbono e quindi la superficie rimane opaca....
Penso di si ma non ho verificato.
Ma nel Paralejurus pero' quello che evidenzia e' colla non resina giusto?