La creazione di una sorgente di luce che possa essere distribuita nella maniera la più omogenea possibile intorno al soggetto che vogliamo fotografare, è un passaggio obbligatorio e soggetto di ricerche e personalizzazioni le più estreme. Esiste praticamente un diffusore per ogni macro-fotografo 😊, con l’utilizzo, come si è già scritto in precedenza queste pagine, di innumerevoli stratagemmi e strumenti, che spaziano dal tovagliolo bianco, alla carta per stampante e disegno grafico, barattoli di yogurt, palline da ping-pong sezionate a metà, fogli di plastica semitrasparente… (li ho provati tutti).
Lo scopo è di eliminare i riflessi non desiderati, ed ottenere una diffusione ottimale, non unidirezionale, senza ombre, e senza contrasti particolari. In questa corta pagina illustro semplicemente i risultati che si ottengono utilizzando come soggetto da fotografare dei cristalli di quarzo provenienti da una sabbia eocenica francese. Alcuni sono arrotondati dall’erosione meccanica avvenuta durante il lungo trasporto, altri presentano angoli ancora vivi e superfici piane, indice di una roccia madre prossima al luogo dove è avvenuta la sedimentazione. Lo scopo è di mettere in evidenza come l’utilizzo di differenti diffusori permetta di eliminare parzialmente, o completamente, la luce unidirezionale. Questo talvolta a scapito di un “appiattimento” dell’immagine stessa, ma è quello che in generale si cerca, nonostante che in particolari situazioni, l’accentuazione del rilievo (e quindi la presenza di luce incidente e unidirezionale) permetta di mettere in evidenza strutture particolari, specialmente se si fotografano microfossili o soggetti che possiedono una superficie particolare, con la presenza di nodi, pustole, canali, creste, rilievi…
L’utilizzo di un diffusore implica una minore trasmissione di luce proveniente dalla sorgente, perdita che varia in funzione del media che si utilizza, lo spessore, la struttura interna del diffusore. Questo richiederà quindi tempi di acquisizione più lunghi e, di conseguenza, anche essere soggetti a micro-vibrazioni ambientali che potrebbero compromettere la qualità della foto.
Le fotografie sono state acquisite con una camera SONY A7R II, mirrorless, con obiettivo Mitutoyo 2.5x (portato a 4.7x), salvate in formato .ARW 16bit. Solo un bilanciamento del contrasto è stato effettuato sulle immagini.
La prima foto mostra il risultato dell’acquisizione dei grani di quarzo, senza l’utilizzo di alcun diffusore. Sono visibili i riflessi di luce sulla superficie dei singoli grani, provenienti dai due rispettivi pannelli; siamo in presenza di due evidenti sorgenti di luce che illuminano i soggetti con una netta direzione. La sorgente di luce è data da due pannelli LED da 20W. Il tempo di posa richiesto per acquisire il set di foto (stack di 180 immagini) ammonta a 1/60”.
Impiegando un diffusore composto da un foglio di plastica trasparente (proveniente da una bottiglia di aranciata...) ed un foglio di carta da stampante bianco (90gr/m²), si può già osservare come il risultato sia più “morbido”, l’immagine più “arrotondata”, nonostante che alcune superfici, soprattutto quelle più piatte, siano ancora origine di punti luminosi e riflessi che saturano sul bianco. È ancora parzialmente percepibile la posizione delle due sorgenti luminose. La presenza di un ostacolo blocca una certa percentuale di luce, che richiede un tempo di posa più lungo, in questo caso si sale a 1/25”
L’utilizzo di un doppio diffusore (avente sempre le stesse caratteristiche del precedente), in alcuni contesti permette di distribuire ancor meglio la luce, trasformando l’intercapedine interna alle due pareti, in una virtuale sorgente di luce stessa. In questo caso si distinguono poco le differenze tra l’immagine di seguito ottenuta e quelle precedente (lo spazio tra le due pareti dei diffusori è troppo grande). A parità di tempi di posa (sempre 1/25”), i cristalli riflettono meno la luce, anche se si riconosce sempre la posizione delle due sorgenti di luce.
In questo test ho utilizzato un “mini-diffusore” stampato con stampante 3D, che possiede doppia parete interna, e che è stato creato per poter acquisire soggetti sub-millimetrici (foraminiferi, radiolari, microfossili in generale) senza occupare troppo spazio sul piano di lavoro. Il foro superiore è calibrato per poter accogliere differenti tipi di obiettivi. In virtu’ di quanto scritto precedentemente, la doppia parete si comporta da sorgente di luce, ed in questo caso effettivamente i soggetti risultano essere illuminati in maniera assai omogenea. A scapito di una buona distribuzione della luce intorno ai soggetti, si è in presenza, comunque, di una certa perdita di luce, richiedendo un tempo di posa di 1/40”. Questo tipo di diffusore ovviamente non trova applicazione in soggetti che eccedono i 5 millimetri di dimensione, e che sono inglobati in una matrice.
Infine, si giunge alla “Ferrari” dei diffusori creato dalla OGGLAB ed in fase di test.. In questo caso, la sorgente di luce è posizionata sulle pareti interne di un cilindro e separate dal soggetto che si vuole fotografare da un diffusore in PETG, ne ho parlato in dettaglio qui: https://enrico-bonino.eu/cylindric-led-lighting-system/
La luce diffusa in quest’ultimo caso è ottimale, e non si osservano riflessi né da dove la luce prende origine (normale, essendo una sorgente posta a 360°). L’impiego di un “cappello” in plastica bianca opaca, che copre come un coperchio la fornace nucleare, permette diffondere la luce anche dall’alto e migliorarne le prestazioni. Last but not least, e non di secondaria importanza, è che il tempo di posa schizza a 1/250”, premettendo di elidere eventuali micro-vibrazioni presenti nella fase di scatto. Una versione aggiornata di questo sistema di acquisizione è tutt’ora in corso ed ulteriori test verranno presto pubblicati su queste pagine.
Happy stacking!