Senza alcuna pretesa di presentare un modo nuovo per la pulizia dei microfossili ma un piccolo aiuto a chi si avvicina a questa piccola ma interessante nicchia della paleontologia.
In questa occasione il metodo è specifico per argilla e/o materiali poco compatti con presenza di fossili calcarei che limitano l'uso a prodotti poco o per nulla agressivi.
Alcuni dei piccoli attrezzi che esporrò non sono necessari, si possono sostituire con un po' di fantasia con altri facilmente reperibili e, spesso, a buon mercato.
Ovviamente la prima cosa è proccurarsi l'argilla che contenga i fossili, sorvolo la questione legislativa, poco interessante e difficilmente applicabile a questo tipo di reperto, chiaramente da evitare la raccolta nei siti paleontologici protetti.
Nel caso di blocchi di dimensioni importanti è utile sminuzzarla, magari con le mani per non frantumare i fossili più fragili, in questo caso si presenta già pronta.
Per le argille molto sciolte spesso è sufficente un bagno in un contenitore con acqua, se è il caso facendo bollire per una mezz'oretta, spesso però è così compatta che conviene utilizzare metodi più sbrigativi ed energici: uso acqua ossigenata a 130 volumi, in verità basterebbe anche da 30 ma spesso è la soluzione più economica, si trova con faciltà nei colorifici ben forniti.
Precisazione d'obbligo: non sottovalutatela, occhiali e guanti sono d'obbligo, basta una goccia per ustionarsi in meno di un secondo, non grave ma doloroso, versatene in piccole quantità alla volta, aggiungendone a mano a mano che la reazione finisce, altermine la reazione sarà pressochè nulla.
L'argilla deve occupare un 10% del contenitore, la reazione ne farà aumentare velocemente il volume, nell'immagine un vaso di vetro ma solo per dimostrazione, molto meglio un contenitore metallico, pirex o una plastica che resista alla temperatura che si sprigiona dalla reazione, spesso utile aggiungere un po' acqua per fluidificare l'impasto, l'efficacia dell'acqua ossigenata non diminuisce.
Sempre se il campione è molto "colloso" può essere utile riscaldare il tutto a reazione apparentemente finita: quando la temperatura si alza si reinnesca in maniera veloce e violenta la reazione, meglio all'aperto o in locale ben ventilato, non è tossica ma può scappare di mano:
Dopo questi passaggi avremo ottenuto una pappetta omogenea, per dividere la parte colloidale e finissima mi sono costruito un semplice tubo in plexiglass da connettere ad un rubinetto d'acqua questa entra dal fondo attraverso dei fori molto piccoli disposti radialmente:
Regolo la portata in modo che vengano trasportate, verso lo scarico posto in alto, solo le parti più sottili:
In breve e con qualche decina di litri si pulisce una buona quantità di materiale, alla fine rovescio il tubo e con una breve apertura del rubinetto faccio fuoriuscire il materiale. (Con un secchio e una doccetta sistemata sul fondo si ottiene lo stesso risultato.)
Nel caso di argilla molto sciolta questo può essere la prima operazione, si snellirà la disgragazione minuta con l'acqua ossigenata utilizzandone molta meno.
L'essicazione del lavato io la faccio in forno a 70-80 °C nei mesi freddi o se ho fretta, d'estate all'aperto.
Una volta essicato passo ai vagli, con maglie a seconda del materiale e di cosa si cerca, in linea di massima 1mm, 200micron e 60micron, nulla vieta di avere altre misure intermedie, semplificherà la fase di ricerca, per sfizio mi sono costruito un vibrovaglio ma a mano è esattamente la stessa cosa, importante è insistere per avere una netta separazione tra le varie granulometrie, in certe argille, una volta pulite, restano praticamente solo fossili di con dimensioni ben definite e senza corpi estranei, caso comune con le globigerine.
Finalmente sotto lo stereo, molto comoda una vaschetta con integrato un barattolino, per i pezzi più grandi uso delle pinzette in plastica antistatica con i becchi sottilissimi e ben lucidati, per i più piccoli un ago in bamboo inumidito.
poi il resto sono scambi di opinioni ....quindi non interessanti al fine di archiviare le informazioni già avute.