Ci fu un tempo prima,
seguito da un tempo dopo.
Il tempo prima era molto molto lontano dal tempo dopo,
ma nel mezzo avvenne di tutto.
Ed è di questo tutto (parziale) che narrerò.
Sono anni che girano impalpabili spettri nella mia mente e che voglio materializzare per prenderli per la camicia.
Ci riuscii con i volumi sui Trilobiti, ora si parte per un'altra avventura.
"Spiagge Cambriane" è il punto di partenza per il mio prossimo lavoro.
Forse il volume non si chiamerà neppure cosi', ma quando si parte non si sa mai dove si arriva.
E chi/cosa si incontra.
Certo non sarà un testo per tutti, non tratterò di quegli artropodi che hanno invaso le bancarelle, stand, mostre e sono sotto gli occhi di tutti.
Neppure di ammoniti, dinosauri, pesci del Libano, vegetali o altre creature pietrificate che si trovano facilmente sul mercato...
In questa pagina, metterò aggiornamenti, idee, bozze, contatti, disegni di diorami in corso: come quando si prepara un fossile e si mettono le foto delle tappe intermedie.
Un modo mio per "metterci la faccia" (che brutto termine), cosa che mi obbligherà ad avanzare per terminare anche questa nuova avventura che mi prenderà tempo, diottrie, ore ed ore di lavoro.
Ed ovviamente soldi.
Ma al cuore non si comanda.
A presto?
Condivido la Prefazione al libro, scritta dal prof. Franco Ricci-Lucchi, ed il commento all'opera nella back-cover, da parte del prof. Gian-Luigi Pillola. Ringrazio pubblicamente entrambi per il loro aiuto e supporto.
MEDUSE E AFFINI… A SORPRESA
Le meduse, esseri semitrasparenti e fatti quasi solo di acqua, dalle forme e dai movimenti aggraziati come quelli dei ballerini, sono affascinanti e inquietanti a un tempo; gradevoli alla vista ma non certo al tatto, suggerirono agli antichi l’immagine di un mostro (naturalmente femmina) con gli occhi paralizzanti e i capelli fatti di serpenti velenosi (i tentacoli urticanti).
Quando l’autore di questo libro mi scrisse che stava completando un’opera dedicata alle meduse, pensai che si trattasse di un bel volume di zoologia riccamente illustrato (le meduse sono molto fotogeniche, chi non ne ricorda splendide immagini a colori tipo National Geographic, Airone etc.?). Il fatto è che io sono un lettore frettoloso e mi era sfuggito che Bonino parlava di meduse fossili. Ma come? Se c’è un organismo la cui fossilizzazione appare improbabile, per non dire impossibile, è proprio questo, pensavo. Noi geologi sappiamo bene che la materia organica (detta anche “molle” rispetto a quella “dura” dei minerali) si conserva e litifica (mineralizza e diventa pietra) solo in condizioni particolari, localizzate nel tempo e nello spazio: assenza di ossigeno e quindi di decomposizione, ambienti subacquei tranquilli o stagnanti e così via. Figuriamoci poi la più impalpabile e meno consistente delle sostanze organiche, come quella delle meduse! Ebbene, scorrendo le pagine di questo libro, mi dovetti ricredere, come deve fare chi pratica onestamente la scienza di fronte all’evidenza dei fatti.
Non che sia facile imbattersi in meduse fossili, specialmente in Italia (a parte la zona di Bolca nel Veronese). Le spoglie di questi animali ebbero le maggiori probabilità di conservarsi quando non esistevano ancora altri animali (predatori o “spazzini”) che le mangiassero, cioè prima di 3-400 milioni di anni fa, quando il ritmo lento dell’evoluzione non aveva ancora prodotto la varietà e la complessità degli ecosistemi moderni. Quelle di Bolca sono le più “giovani” delle meduse fossili trovate finora e sono state preservate grazie all’assenza di ossigeno sui fondali melmosi dove cadevano alla loro morte.
E. Bonino, con la pazienza e la metodicità che solo un sincero appassionato può avere, è andato a scovare esempi di meduse fossili in giro per il mondo, in musei, in pubblicazioni, sul terreno, e li riporta qui con abbondanza di illustrazioni, in gran parte foto da lui stesso scattate. La mia impressione è che non gli sia sfuggito neppure un caso e che la sua rassegna sia completa.
Ogni “caso” è un capitolo relativo a una formazione geologica o “unità stratigrafica”, il cui nome è la “carta di identità” di un pacco di strati (la stratificazione indica che si tratta di rocce sedimentarie, ovvero antichi depositi di mari, laghi, fiumi, zone costiere, deserti etc.).
La parte descrittiva e sistematica del libro è comunque preceduta da una sezione introduttiva dove si spiega come sono fatte le meduse attuali, come e dove vivono, con quali e quanti altri esseri viventi interagiscono, come fossilizzano e così via. Gli ambienti “fossili”, cioè le rocce in cui si trovano resti di meduse antiche, sono in grande maggioranza ambienti costieri, sia spiagge esposte alle onde sia specchi d’acqua protetti e tranquilli, a volte impaludati, come lagune, baie, cale etc. E qui trovavano condizioni di vita favorevoli altri organismi sensibili alla predazione e alla decomposizione: alghe e batteri che costruivano “tappeti” appiccicosi che trattenevano particelle di sedimento di passaggio. Utilizzando il diossido di carbonio (CO2) per costruire la loro massa corporea, essi favorivano la deposizione di carbonato di calcio (CaCO3); si formavano così accumuli di sostanza organica alternata a carbonato (calcare) che prendevano varie forme e fossilizzavano come “stromatoliti”.
In realtà, tra gli studiosi c’è chi considera le stromatoliti dei veri fossili e chi invece preferisce chiamarle “tracce fossili” o “pseudofossili”. Quale sarebbe la differenza? I veri fossili sono strutture biologiche (ossa, gusci di animali, foglie, alberi etc.), conservate e mineralizzate, mentre le “tracce” sono il risultato di un’attività dell’organismo (ricerca di cibo, di rifugio o di…compagnia) su un substrato fisico.
Per fare un esempio, una medusa “spiaggiata” imprime sulla sabbia l’impronta del suo corpo; questo viene poi decomposto e distrutto, ma l’impronta permane e può fossilizzare come struttura fisica (traccia fossile). Questo vi dà un’idea di come i geologi (ma non solo loro) amino le discussioni di nomenclatura e di classificazione, che spesso sono poi di lana caprina. Lasciamole quindi agli specialisti.
Quella dei “medusoidi” e degli “pseudofossili” non è però una questione del tutto accademica.
Tra i rivenditori di fossili, minerali (cristalli) e rocce, ce ne sono che spacciano per meduse oggetti che magari non sono né meduse né tantomeno fossili; è quindi opportuno che un potenziale cliente lo sappia e sappia, se non distinguere il vero dal falso, almeno farsi venire qualche dubbio.
Bene ha fatto dunque l’Autore a dedicare un corposo capitolo su questo tema in fondo al volume.
In conclusione, è stata una piacevole sorpresa quella di scoprire un’opera veramente inaspettata sia come mole (all’inizio pensavo che bastasse un articolo di 20-30 pagine per esaurire questo argomento) sia come quantità e qualità delle illustrazioni sia, infine, come vivacità di grafica e impaginazione.
Tutto questo, poi, abbinato a un rigore scientifico nella trattazione che ne fa un’opera di alta divulgazione e di studio allo stesso tempo. Credo che anche il lettore frettoloso, semplicemente sfogliandola, sarà invogliato a porsi delle domande e a togliersi delle curiosità leggendola con attenzione.
Franco Ricci Lucchi
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Gradevole e intrigante, il volume inquadra in maniera chiara e accessibile la posizione sistematica e filogenetica delle meduse e dei cnidari e le diverse modalità di fossilizzazione che ci permettono di osservare i resti di queste vite passate.
Particolare enfasi è stata accordata al ruolo dei cianobatteri sia come co-autori di strutture bio-sedimentarie sia come agenti nella preservazione di resti organici labili, come quelli delle meduse.
Questa parte di “preparazione” permette di apprezzare ancor più la ricca documentazione fornita nella parte “Tavole”. Questa seconda parte è dedicata a un vastissimo numero di siti fossiliferi, ubicati in diverse aree geografiche della Terra, che hanno fornito questi fragili resti testimoni del tempo profondo.
Infine, ma non ultimo per importanza, la ricca ed esaustiva iconografia, l’aggiornato riferimento alle fonti
bibliografiche e gli schemi riportati, fanno di questo volume un ottimo ausilio ai fini didattici.
Prof. Gian Luigi Pillola